I vari tipi di olio di origine vegetale, primo fra tutti l’olio di oliva, il burro ed in minor misura la margarina e lo strutto, sono tipicamente usati come condimenti principali nell’alimentazione occidentale.
Utilizzati con moderazione, in abbinamento ad altri alimenti e secondo le norme che ne preservano le caratteristiche organolettiche, tali condimenti hanno un ruolo importante ai fini di un’alimentazione completa ed inoltre aumentano l’appetibilità delle varie preparazioni.
Gli oli
I vari tipi di olio esistenti sono di origine vegetale e si ottengono per estrazione da semi o da frutti. La principale caratteristica che distingue questo tipo di condimenti da quelli di origine animale è il punto di fusione, a temperatura ambiente infatti mentre questi ultimi sono solidi gli oli sono fluidi. Lo stato, solido o liquido, dipende dalla struttura chimica, ovvero dalla lunghezza e dal grado di saturazione degli acidi grassi presenti: gli oli vegetali hanno un maggior numero di acidi grassi insaturi. I vati tipi di oli vengono classificati in base alla materia prima da cui derivano, si hanno così l’olio di oliva, che comprende a sua volta una serie di sottotipi, e gli oli di semi.
L'olio d'oliva
È uno dei cardini della dieta mediterranea, nasce infatti dal frutto dell’ulivo che è una pianta coltivata e diffusa in tutto il bacino del Mediterraneo.
I lipidi presenti nell’olio di oliva sono rappresentati principalmente da trigliceridi, costituiti a loro volta da glicerolo e acidi grassi, soprattutto monoinsaturi (acido oleico) ma anche polinsaturi (linoleico e linolenico) essenziali. Contiene, inoltre, vitamine A ed E, polifenoli, carotenoidi e pigmenti.
Le caratteristiche dell’olio dipendono da diversi fattori legati al tipo di pianta da cui deriva il frutto, alle condizioni climatiche cui è stata esposta, ai trattamenti che riceve, al grado di maturazione delle olive e al tipo di procedimento utilizzato per la raccolta.
Secondo la normativa moderna l’olio di oliva viene classificato come segue:
Olio extravergine di oliva: ottenuto dalle olive che non hanno subito manipolazioni chimiche e caratterizzato da un’acidità, espressa come contenuto di acido oleico, non superiore allo 0,8% (0,8 grammi di acido oleico per 100 grammi);
Olio di oliva vergine: si ottiene come l’extravergine ma ha un grado di acidità non superiore al 2%;
Olio di oliva lampante: caratterizzato da un gusto imperfetto e da un’acidità superiore al 3,3%;
Olio di oliva raffinato: deriva dalla raffinazione di oli di oliva vergini sottoposti a processi chimici e fisici che ne correggono acidità e gusto, ha un’acidità massima dello 0,5%;
Olio di oliva: si ottiene da una miscela di oli di oliva vergini e oli di oliva raffinato, ha un’acidità inferiore all’1%;
Olio di sansa di oliva greggio: è estratto tramite l’uso di solventi dalla sansa di oliva, che è il residuo delle olive rimanente dopo la spremitura degli oli vergini;
Olio di sansa di oliva raffinato: è l’olio ottenuto dalla sansa di oliva per estrazione con solventi e reso commestibile attraverso processi chimici e fisici, ha un’acidità inferiore allo 0,3 %;
Olio di sansa di oliva: deriva dalla miscela di oli di sansa di oliva raffinato e di oli di oliva vergine, ha un’acidità inferiore all’1%.
Il migliore dal punto di vista della stabilità e del valore nutrizionale, come ben noto, è l’olio extravergine di oliva. Ciò che lo rende un condimento di elezione rispetto agli altri è l’elevata digeribilità, il contenuto di vitamina E e di antiossidanti naturali che ne determinano la stabilità alle elevate temperature.
L’olio di oliva svolge un’azione benefica nel contrastare la formazione di calcoli nella cistifellea, nello stimolare le difese immunitarie e nel controllare il livello di colesterolo nell’organismo.
L'olio di semi
I vari tipi di oli raggruppati in questa denominazione si ottengono per estrazione o per spremitura dai frutti e dai semi di diverse piante e subiscono un processo di raffinazione che li rende commestibili. Hanno una digeribilità inferiore all’olio di oliva e una diversa stabilità alle elevate temperature. Contengono trigliceridi, formati da glicerolo e acidi grassi, soprattutto insaturi, fitosteroli e vitamina E.
I principali e più usati tipi di oli di semi sono:
Olio di arachidi: deriva dai semi delle arachidi, ha una composizione chimica che lo rende più stabile degli altri alle elevate temperature grazie al minore contenuto di acidi grassi polinsaturi e un maggior contenuto di acido oleico.
Olio di mais: si ottiene dal seme del mais, ha una struttura chimica caratterizzata da un elevato contenuto di acidi grassi polinsaturi che lo rendono poco adatto alla cottura.
Olio di semi di girasole: deriva dai semi di girasole, ha un buon contenuto di acidi grassi polinsaturi, in particolare l’acido linoleico, e di vitamina E; ha una discreta resistenza al calore ma è preferibile usarlo come condimento a crudo.
Olio di soia: si ricava dai semi della soia, è un olio tra i più diffusi al mondo; è facilmente ossidabile quindi non adatto alla cottura.
Olio di palma: deriva dai frutti della palma, ha di caratteristico il colore rossastro e il contenuto elevato di acidi grassi saturi che lo rendono resistente alle elevate temperature. Viene, infatti usato per la produzione di oli adatti alla frittura.
Olio di sesamo: si ricava dai semi di sesamo, è caratterizzato dalla presenza di acidi grassi monoinsaturi e polinsaturi, è molto diffuso nei paesi orientali.
Olio di vinacciolo: si ottiene dai semi dell’uva come sottoprodotto dell’industria vinicola, è l’olio con la maggiore percentuale di acidi grassi polinsaturi.
Olio di cotone: deriva dai semi di cotone come sottoprodotto dell’industria tessile, contiene acidi grassi pilinsaturi, monoinsaturi e saturi ed è utilizzato per la produzione di margarina.
Olio di colza: si ottiene dai semi di una brassicacea, contiene l’acido erucico che è tossico. In Italia non è utilizzato come olio monoseme ma in miscela di semi vari.
Olio di cocco: si estrae dalla polpa delle noci di cocco, è ricco di acidi grassi saturi e viene utilizzato principalmente nell’industria dolciaria e nella produzione di margarina.
Il burro
Il burro è un grasso di origine animale che si ricava dalla parte grassa del latte nota come panna o crema di latte. La materia prima utilizzata per la produzione del burro è principalmente il latte di vacca ma può essere anche usato il siero, con caratteristiche organolettiche inferiori, oppure il latte di altri animali; in ogni caso l’etichetta presente sulla confezione deve indicare la provenienza. Secondo la legislazione il burro deve avere un contenuto di grassi non inferiore all’80%; esistono tuttavia in commercio anche il “burro leggero”, con un contenuto del 60-62% e il “burro a basso tenore di grasso”, con il 39-41 %.
Il burro fresco contiene vitamine liposolubili A e D e colesterolo in notevole quantità (200-250 mg per 100 di prodotto). La sua caratteristica è il basso punto di fusione (28-36°C) che se da una parte lo rende facilmente digeribile, dall’altra lo fa un condimento poco adatto a cotture prolungate o che avvengono a temperature elevate. Nelle preparazioni che prevedono l’uso a crudo o leggermente scaldato le sue caratteristiche organolettiche vengono preservate, mentre con la frittura o cotture prolungate si raggiunge il punto di fumo (circa 130°C), in corrispondenza del quale la molecola si decompone originando una sostanza tossica, l’acroleina, sgradevole sia nel gusto che nell’odore. Per la conservazione devono essere rispettate precise norme per preservarne le proprietà nutrizionali ed organolettiche, va infatti tenuto in frigorifero o, per periodi lunghi, in congelatore, lontano comunque dalla luce e da altri alimenti caratterizzati da forti odori.
Lo strutto
Lo strutto si ottiene dalle riserve di grasso del maiale (sugna) che, asportate dopo la macellazione, vengono triturate e fuse con il calore. Il liquido oleoso che si origina viene prima filtrato per eliminare i frammenti carnosi (ciccioli) e poi posto a raffreddare in modo da ottenere una pasta bianca solida. Lo strutto viene mantenuto in recipienti chiusi o nelle vesciche di suino e bovino. Contiene un’elevata quantità di acidi grassi saturi e colesterolo, ha un alto punto di fusione che lo rende discretamente resistente alle elevate temperature.
In passato e per diversi secoli lo strutto è stato largamente usato soprattutto in molte regioni dell’Italia centro-meridionale, mentre negli ultimi decenni è stato quasi completamente sostituito da altri grassi da condimento come l’olio e il burro.
La margarina
È un grasso solido che si ricava da un’emulsione di acqua e grassi, può essere di origine animale, ma oggi è molto più diffusa quella vegetale; esiste, infine, anche la margarina mista usata più che altro a livello industriale.
Fino a qualche anno fa la margarina doveva contenere, secondo la legislazione, l’80% di grassi, oggi si trovano in commercio prodotti definiti leggeri con un contenuto tra il 30 e il 50%.
Dal punto di vista nutritivo la margarina contiene acidi grassi polinsaturi essenziali ed in particolare il tipo “spalmabile” ha un rapporto tra acidi grassi polinsaturi e saturi ottimale (1,7) rispetto agli altri tipi. Nonostante questo le margarine non sono adatte per essere sottoposte ad elevate temperature come quelle che si raggiungono durante la frittura.
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